Lara Mammi
Beati i costruttori di pace
Quando qualcuno comincia a piangersi addosso, e a dire che le cose
vanno da schifo, mi viene da prendere fuori il badile e tirare dei colpi
sulla nuca di chi si lamenta, col piattone.
Se le castronerie sono troppo grosse, anche di traverso.
Non che non abbia frecce al mio arco: posso anche argomentare,
parlare, discutere.
Confrontarmi. In fin dei conti, dicono che ne affondi più la parola che
la spada.
Ma è inutile se dall'altra parte c'è un mulo testardo che non vuole
ascoltare.
Dicono che bisogna accettare le opinioni differenti dalla propria: e io
ben le accetterei. Volentieri.
Con l'ascia bipenne, proprio, fuori di metafora.
Ho in mente quei fenomeni della natura che vanno in giro per strada
con le macchine gigantesche, e si muovono come i padroni della
carreggiata.
Mi piacerebbe, una volta, avere tra le mani un carro armato, e passare
sopra ai macchinoni coi cingoli, o un bel mezzo con un rostro. Per
vedere se fanno ancora gli sbruffoni; suonano dietro di me il clacson
un secondo dopo che il semaforo diventa verde, oppure ti sfanalano a
ripetizione, se mentre vado in autostrada soprappensiero, per i fatti
miei, non mi viene in mente di spostarmi sulla corsia di destra.
Oppure come quei cafoni che sbraitano a voce alta nei luoghi pubblici,
col telefonino; chissà se pensano che tutti abbiano a cuore quello che
dicono, o lo trovino semplicemente interessante. Mentre sono in treno,
che magari non ho trovato posto a sedere, questo scemo strilla tutto il
tempo, girato verso il finestrino.
Ed io vorrei prendere il suo telefonino, la sua testa insulsa, e buttare
tutto fuori dal finestrino.
Così la smette, una buona volta, di appestare il mio spazio vitale.
Anzi, finalmente mi potrei accomodare al suo sedile.
È vero che c'è scritto che il posto è riservato ai disabili, ma io mica vedo
nessuno qui intorno con le stampelle. O attrezzi simili. Se ci fosse uno
con un bastone, me lo vedo a cominciare a mulinarlo tutto intorno per
fare un po' di spazio.
In generale, c'è troppa gente che respira aria da dividere con me.
Tipo quando sei in coda al supermercato, e trovi il più furbo di tutti:
aprono la cassa di fianco, e si precipita ad appoggiare la roba sul
nastro, mentre te sei in fila dall'altra parte.
Lo spaccone fa finta di niente e vuole saltare il suo turno.
Un bel cecchino sopra gli scaffali, e appena uno sgarra la fila. Pum!
Così impara a stare al suo posto.
Li sento, tutti col loro carrello, che spingono da dietro, che cercano di
arrivare prima.
Me li immagino su un campo minato, coi loro carrelli pieni di roba
biologica, sana: chissà cosa può servire tutto quel kamut, dopo che
metti una rotellina sopra ad una bastarda saltante, di quelle che parte il
mortaio e parte anche la gamba. Oplà!
Perché lo scopo della mina non è uccidere, ma mutilare.
Chi ha perso una mano, o una gamba, danneggia il nemico molto di
più di un morto, dicono.
Leggevo l'altro giorno, sul giornale, che ci sono ancora circa 100
milioni le mine antiuomo sparpagliate nel mondo.
Queste continuano a funzionare, a distanza di decenni dalla guerra per
cui sono state collocate.
Ci si dimentica anche il motivo, per cui quella mina è stata lasciata lì.
La mina continua a combattere da sola, in una guerra che non esiste
neanche più.
Perché di guerre se ne sente parlare sempre di meno. L'uomo si è
evoluto, e i conflitti veri continuano ad esserci solo nei paesi sempre
più lontani.
Le guerre sono sempre più distanti.
Solo ogni tanto, mi viene paura, quando sento che un matto
impazzisce, prende un machete o una pistola e fa fuori qualcuno a
caso.
Sarebbe il colmo, che venisse a colpire proprio me, io che non ho mai
fatto male ad una mosca.
Io, un pacifista.