Mau MacFerrin
La Breda Mod. 37
“Allora vado al ponte a buttare quella roba.”
Lei non rispose, mantenendo lo sguardo fisso sul libro che aveva in
mano.
“Avrei preferito occuparmene di giorno, con la luce – continuò – ma c'è
sempre l'Aldo che pesca, anche con questo freddo e il ghiaccio per le
strade. È ora di farlo, le armi portano solo rogne. A fra poco.”
Si erano trasferiti nel borgo da qualche mese, nella casa che lei aveva
ereditato alla morte della nonna Emma: una costruzione austera su tre
livelli, in legno e pietra, con un vasto giardino – che lui amava
chiamare parco – in cui sorgevano una stalla e un capanno degli
attrezzi. Dopo i lavori di ristrutturazione, durati tutta l'estate e parte
dell'autunno, la famiglia aveva lasciato l'appartamento in città per
trasferirsi nella casa, una vera casa tutta loro, in un angolo di mondo
che il resto del mondo quasi ignorava. Cominciava una nuova vita, in
un luogo dove i figli di nove e sette anni sarebbero cresciuti a stretto
contatto con la natura e al riparo da amicizie “fuorvianti”. La piccola
comunità di residenti, che aveva accolto i nuovi arrivati con la
spontanea chiusura delle genti di montagna, si dischiuse dolcemente
all'arrivo dei primi freddi, come un bocciolo di elleboro; lui, che aveva
sempre abitato nell'anonimato cittadino, e che non vedeva l'ora di
sentirsi fisicamente parte di qualcosa, era finalmente entusiasta dei
progressi e non perdeva occasione per conversare con la signora Ivana,
l'anziana vicina, proponendole con slancio – spesso importuno, anche
se la donna ne sorrideva – di aiutarla con le borse della spesa o per
sistemare la legna da ardere. Anche l'Aldo, che trascorreva le sue
giornate pescando dal ponte, nonostante il freddo di quell'inverno, si
era sciolto rispetto al gelo del primo approccio; sordomuto da diversi
anni, a causa di una esplosione mal calibrata nella cava di marmo in cui
lavorava, l'anziano pescatore non deviava più lo sguardo altrove,
quando si incrociavano lungo le mulattiere, anzi abbozzava un sorriso.
Un embrione di sorriso, in realtà, ma al giovane “foresto” andava bene
così.
Si era dedicato all'esplorazione del capanno degli attrezzi qualche
settimana dopo il trasloco: cosa non aveva trovato! Forconi, pale, badili,
vanghe, corde, poi scuri e accette, asce e roncole, ganci e rampini,
picconi, una specie di alabarda: l'arsenale perfetto per una rivolta
contadina del Seicento, scherzava. Ma fu nella vecchia stalla, inutilizzata
da vent'anni, che lui, cercando il figlio che si nascondeva dal fratello
maggiore, rinvenne la “cosa”: mal nascosta sotto un borsone di plastica
blu, da una cassa di legno spuntava una grossa mitragliatrice pesante,
di quelle che l'amato Mario Rigoni Stern aveva descritto nei suoi
racconti sulla campagna di Russia.
“La nonna Emma, l'avrei detta più tipo da marmellate e centrini
all'uncinetto...”
“Infatti, ne produceva a raffica. No, sul serio, dammi retta: dobbiamo
chiamare subito i Carabinieri” disse lei.
“Ma non ci penso neanche! – le rispose, agitato. – Ricordo ancora
quando li chiamai quella volta, perché un esaltato del sesto piano
sparava dalla finestra a Capodanno: l'interrogatorio, lo avevano fatto a
me! Non ci ricasco più.”
“L'avranno lasciata lì i partigiani, alla fine della guerra...”
“Sì, nascosta sotto una borsa dell'Ikea!”
Era seguito un lungo silenzio, che nessuno dei due osava interrompere
per timore di dire una sciocchezza.
Brevi ricerche condussero velocemente all'identikit dell'ordigno: la
Breda Mod. 37 era stata la mitragliatrice pesante del Regio Esercito
durante il secondo conflitto mondiale. Prodotta dalla Società Italiana
Ernesto Breda per Costruzioni Meccaniche di Milano, e montata su
affusto a treppiede, pesava quasi quaranta chili e costituiva una
formidabile arma da guerra; priva di tracce di ruggine e ben conservata,
seppur non lubrificata da qualche anno, aveva tutta l'aria di poter
funzionare – oltretutto la cassa, in cui riposava l'arnese, conteneva un
caricatore avvolto in uno straccio bisunto, due canne di ricambio
(perché in battaglia, la canna doveva essere sostituita dopo 450 colpi) e
una vecchia bisaccia di cuoio, che custodiva due granate modello
ananas.
In una settimana, la situazione non aveva fatto passi avanti.
“Se li chiamiamo, quelli lì ci passano casa, cantina, giardino, capanno e
stalla al setaccio, ai raggi X, non vivremo più!” sbottò, quasi in preda al
panico.
“E che cosa vorresti fare, allora? Io non ti reggo in queste condizioni,
una soluzione va trovata. Vuoi seppellire tutto? E se parte un c...”
“L'arma è scarica.”
“Sono scariche anche le bombe a mano?”
“Scariche no, ma potrebbe essere roba da esercitazione...”
“Oppure no!”
“Sei disarmante – rispose, provando a smorzare la tensione con uno
dei suoi classici, intempestivi giochi di parole. Poi riprese, modulando
il timbro della voce verso il basso. – In ogni caso non pensavo di
seppellire niente. Sotto terra, sarebbero ancora accessibili e non voglio
che qualcuno le usi contro di noi...”
“Che cosa stai dicendo?”
“Voglio dire che preferisco non correre rischi.”
“Eh?”
“Insomma, ci penso giorno e notte da quando ci ho sbattuto il naso:
prima di venire qui, per la mia smania di denuncia, di manifestare
anche quando siamo in quattro sfigati idealisti contro quegli infami al
potere, mi ero già fatto notare dai partiti, dai loro galoppini di merda,
dalla mafia degli appalti, e adesso, dopo pochi mesi, sto già sulle palle
ad altri signorotti della politica e del cemento... per non parlare dei
servizi di mezzo mondo... sì, ridi pure... ma cristo d'una madonna, non
è che hanno messo quella roba nella stalla per fottere me?”
“Non so dire se sei più paranoico o presuntuoso... scusa se te lo
ricordo, ma hai perso il lavoro per queste storie.”
“Il lavoro l'ho perso perché qualcuno ha imposto al mio capo di
licenziarmi, qualcuno di importante a cui avevo rotto i co...”
“Scusa – lo interruppe – scusami, è come dici tu, va bene? Ne abbiamo
già discusso tante volte.”
“Lascia stare... comunque, paranoia o no, tentazioni o no, ho una sola
cosa da fare: buttare via quella roba, dove nessuno la potrà mai trovare.
Ieri pomeriggio ho fatto due passi e mi sono fermato sul ponte, il
tempo di salutare l'Aldo che pescava e di guardare di sotto: dopo il
salto, il fiume ha scavato una bella pozza, profonda almeno tre metri,
dove l'acqua è scurissima e nessuno andrebbe mai a immergersi. È
questione di un secondo: giù dal ponte in un attimo ed è tutto sparito
per sempre.”
“E come ce lo porti il mostro, fin laggiù?”
“A piedi. Smonto la mitragliatrice dal treppiede, così pesa meno di venti
chili e la porto fino al ponte in spalla, nella neve, come Rigoni Stern.”
“Guarda che lui non è mica stato sempre anziano, come lo ricordi tu.”
“Sono venti chili, vuoi che non riesca a portare venti chili a spalla per
duecento metri?”
“Ma quanto ci mette a tornare?” si disse, prendendo il telefono.
“ MESSAGGIO GRATUITO : IL CLIENTE DA LEI CHIAMATO NON È AL MOMENTO
RAGGIUNGIBILE . STIAMO TRASFERENDO LA SUA CHIAMATA ALLA SEGRETERIA
TELEFONICA .”
Con il passare dei minuti, lei prese ad agitarsi; poteva essersi fatto male
scivolando sul ghiaccio oppure era stato sorpreso da qualcuno, magari
portato via da una pattuglia di Carabinieri! Si diede mezz'ora per
preoccuparsi davvero, ma ormai il tempo era passato, ne era passato
anche il doppio. Si decise a uscire, nonostante i bambini fossero a letto,
in casa da soli; arrivò al ponte, trovandolo deserto e sprofondato nella
gelida oscurità della notte. Nessuna traccia di lui.
“Non può essere sparito nel nulla... dove sei finito, razza di idiota?”
pensò ad alta voce, tornando a casa.
“ MESSAGGIO GRATUITO : IL CLIENTE DA LEI CHIAMATO NO ...”
Non chiuse occhio per tutta la notte; all'alba, stravolta dalla stanchezza
e divorata da un'attesa grondante di pessimi presagi, decise di recarsi
senza più indugi alla caserma del paese vicino. Dopo colazione,
accompagnò i bambini allo scuolabus e tornò su, oltre la casa, dove
aveva posteggiato l'auto il giorno prima. Quella di lui era al suo posto,
assiderata sotto una spessa coltre di ghiaccio. Da lì si diresse alla stalla,
seguendo le impronte lasciate da lui nella neve la sera prima: sicure e
leggere verso il fabbricato, incerte e più profonde al ritorno, tanto da
sembrare quelle di una persona diversa. La Breda Mod. 37 non c'era
più, nella cassa non rimaneva altro che la borsa blu.
“L'hai presa davvero... e tutta intera, poi, ché figurati se riuscivi a
smontarla! Però dove cazzo sei finito adesso?” esclamò, emettendo una
sorta di ringhio fra i denti serrati.
Mise in moto l'auto e, guidando con cautela per non sbandare, poiché
da giorni nessuno spargeva sale sulle stradine interne, raggiunse il
ponte, che collegava il borgo alla provinciale. L'Aldo, che pescava già da
un'ora, la vide sopraggiungere ma non volle incrociarne lo sguardo;
poggiata sul piccolo parapetto, pescata poco prima dalle nere acque
furiose, sgocciolava una sciarpa arancione che lui aveva riconosciuto a
prima vista. Lei arrestò la vettura, ne scese adagio e, mandando un
breve lamento, si lasciò cadere in ginocchio sull'asfalto gelato, e strinse
avidamente a sé quella stupida striscia di lana, così irrimediabilmente
familiare e priva di odore, singhiozzando parole che il vecchio
pescatore non poteva udire.