Alessandro Della Santunione
Non sporgerti

Io sono stato un ragazzo che leggeva le targhette dei treni, me lo ricordo
bene, e alla fine, gira e rigira, son tornato lì. C’erano quelle targhette in mezzo
ai finestrini e c’era scritto di non sporgersi, c’era scritto che era pericoloso e
anche che era vietato e anche gettare gli oggetti dal finestrino era vietato, “ne
pas se pencher aux dehors”, dicevano, c’era scritto in quattro lingue di non
sporgersi, sia che tu volessi gettare oggetti dal finestrino o semplicemente
prenderti l’aria in faccia.
Erano belle, le avranno cambiate di sicuro, è un po’ che non vado in
treno; me le ricordo di un colore indefinito, tra il brillante e lo sbiadito, tra la
noia dentro e lo scorrere del tempo fuori. Nicht hinauslehnen dicevano con
quest’incedere sferragliante, nicht hinauslehnen, nicht hinauslehnen, nicht
hinauslehnen... se l’occhio ci finiva sopra non c’era verso di fare altro che
leggerle, nicht hinauslehnen, nicht hinauslehnen, nicht hinauslehnen e la mia
mente andava in loop, non potevo evitarle quelle targhette, stavano lì nel
mezzo del finestrino tra il dentro e il fuori del treno, non potevo far altro che
leggere e ripetere all’infinito, ipnotizzato. E continuavo, fino a che le parole si
scioglievano in sillabe senza senso ed accadeva qualcosa di strano; la mia
mente si staccava dal pensiero di cosa pensava di me la signora seduta di
fronte, dai begli occhi della ragazza di fianco e si adagiava al rumore del treno
scivolando via, rincorreva lo sfarfallio dei colori e delle forme, fuori, in una
specie di caleidoscopio magico in cui i frattali della campagna e dei filari si
rincorrevano senza sosta, a volte un palo o lo spavento di un altro treno.
Questo leggere mi lasciava in bocca un sapore strano, un gusto liquido
di sillabe sciolte e un po’ di paura, il sospetto che non fosse normale essere lì
e allo stesso tempo da un’altra parte.

Quando mi dicevano che dovevo riflettere e meditare sulle cose credevo
di dovermi mettere lì a pensarci, e pensarci e ripensarci e invece avrei dovuto
semplicemente sporgermi su questo infinito scorrere e restare senza fiato.
Avevo preso questo treno che andava lontano da me, ligio ai consigli,
non sporgerti, it's dangerous to lean out, dicevano. E per la rabbia buttavo
fuori dai finestrini il mio tempo, lo buttavo via fino a che un giorno il treno,
come a Firenze, cambiò il senso di marcia e non gli davo più le spalle e allora
quel ragazzo prese a venirmi incontro, quel ragazzo che leggeva le targhette e
mi faceva paura, perché non ne conoscevo altri come lui ed era l’unico che
avrei dovuto conoscere. Prese a venirmi incontro leggendo a voce alta tutto
quello che gli capitava a tiro e tutto si scioglieva e brillava.
Alla fine abbiamo aperto i finestrini e ci siamo messi fuori, a prenderci
l’aria in faccia e a restare senza fiato, di qualcosa bisogna pur morire.


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