Alessandro Della Santunione
Acque bianche acque nere

Quando faccio la cacca nelle città di mare e New York è una città di mare, mi 
viene  una  specie  di  inquietudine  che  nelle  città  come  New  York,  che  è  una 
città  di  mare  ma  anche  una  metropoli,  aumenta  a  dismisura.  Non  lo  so 
perché, ma ho il terrore che la cacca vada a finire direttamente in mare, cioè 
lo  so  che  ci  va  a  finire  comunque  ma  mentre  sono  lì  seduto  sulla  tazza  mi 
immagino che lo scarico sia collegato direttamente al mare e che quindi non 
passi  attraverso  tutto  il  regolamentare  deflusso  previsto  per  legge,  con  la 
suddivisione  in  acque  bianche  e  acque  nere  eccetera.  E’  una  cosa  che  ha 
cominciato ad assillarmi tempo fa, mentre ero su un’isola, in una casa proprio 
sul mare e senza motivo ho cominciato a pensarci; “vuoi vedere che il water 
scarica direttamente in mare?” Ci pensavo mentre facevo il bagno, proprio lì a 
ridosso  della  casa  e  la  cosa  mi  dava  un  po’  fastidio  perché  mi  era  anche 
tornata  in  mente  una  volta,  a  Cesenatico,  che  mentre  nuotavo  ho  dato  una 
bracciata su uno stronzo e la cosa mi aveva fatto un po’ schifo. Quella volta là 
era poi stato un mio amico che voleva fare il simpatico e aveva cagato in mare 
ma a me non era risultato particolarmente simpatico. È una cosa che chiedo 
sempre quando sono nelle città di mare, alle volte anche alle guide lo chiedo 
e vedo che la cosa desta sempre un po’ di ilarità anche se secondo me non c’è 
niente  da  ridere,  se  pensi  che  a  New  York  ci  abitano  circa  otto  milioni  di 
persone è importante sapere che i wc non scaricano direttamente in mare. Ma 
restiamo  a  Manhattan  che  fa  circa  un  milione  e  ottocentomila  abitanti  e 
tecnicamente è un’isola. Ho fatto una breve ricerca su internet per trovare dei 
dati statistici sulla produzione di feci degli abitanti di New York ma i dati non 
sono  precisi,  allora  mi  baso  su  un’ipotesi  generale  che  però  ha  delle  basi 
empiriche abbastanza solide, cioè di quando vado io a New York. Diciamo che 
un essere umano in media produca giornalmente un volume di 113 cm cubi 
di cacca, un cilindro di 16 cm per 3 cm di diametro, una zucchina di piccole 
dimensioni  insomma.  Se  moltiplichiamo  il  dato  per  un  milione  e 
ottocentomila  persone  ne  escono  fuori  duecento  tre  milioni  e  quattrocento 
settantadue  mila  centimetri  cubi  di  cacca,  ovvero  due  milioni  e 
trentaquattromila  settecentoventi  metri  cubi.  Ho  fatto  dei  conti  un  tanto  al 
braccio e sembra che il Chrysler Building, quel bel grattacielo art déco, occupi 
circa lo spazio di un milione di metri cubi; allora consideriamo pure che un 
po’ della popolazione di Manhattan soffra di stitichezza e che molti di quelli 
che si trovano lì durante il giorno per lavoro preferiscano poi fare la cacca a 
casa loro, ce ne sono, quando rientrano a Brooklyn la sera o nel Queens. Poi 
consideriamo  anche  i  turisti,  che  magari  a  causa  del  cambio  di  abitudini 
alimentari  o  per  l’aria  condizionata  molto  aggressiva  non  sono  in  grado  di 
produrre  materiale  solido  e  che  quindi  non  ci  interessano,  stiamo  bassi: 
diciamo  che  in  un  giorno  si  produca  tanta  cacca  quanta  un  grattacielo  di 
medie dimensioni. È un dato abbastanza attendibile. In un anno abbiamo già 
la  bellezza  di  365  grattacieli.  Wikipedia  dice  che  a  NY  ci  sono  ben  5.818 
grattacieli; in 16 anni ci siamo. Io alle volte mi sorprendo a pensare che sotto 
a  New  York  ci  sia  questa  città  speculare  fatta  di  merda,  è  un’immagine 
terribile. È per questo che mi è venuta la fissa di sapere che tutti quei wc non 
scarichino  direttamente  in  mare.  C’è  da  dire  che  per  fortuna  la  merda,  una 
volta evacuata grazie al geniale sistema del water a cacciata, scende giù nelle 
colonne di scarico e raggiunge poi i vari sistemi atti a smaterializzare il tutto. 
Quindi questa città speculare in effetti non esiste, è un mio fantasma, perché 
appunto  il  tutto  è  biodegradabile  però  questa  immagine  una  volta  che  l’hai 
pensata lascia come una specie di ombra, un cattivo odore.
La città vera invece, quella sopra dove vivono gli uomini, quella fatta di vetro e 
cemento,  possiamo  anche  quella  considerarla  il  prodotto  di  una  nostra 
interiorità? Io credo di sì, perlomeno i palazzi, i grattacieli sono stati pensati 
da  qualcuno,  sono  la  proiezione  di  un’idea,  di  un  pensiero  o  forse  di  un 
desiderio  chi  lo  sa,  ne  sono  sicuramente  la  materializzazione.  E  anche  tutta 
quella  mirabile  architettura  di  spazi  vuoti  che  rende  possibile  l’intrecciarsi 
veloce e lo sciogliersi degli incontri, dei commerci e degli scambi: le relazioni 
umane, insomma tutto l’insieme di materia ed emozioni, anche e soprattutto 
di questo sono costruite le città. 
Quindi tutte queste cose che abbiamo dentro, le emozioni e le idee, i progetti 
e  i  desideri  ma  anche  la  merda,  una  volta  uscite  da  noi  materializzano  nel 
mondo  queste  incredibili  architetture;  città  fatte  a  specchio  con  una  parte 
visibile e concreta sopra ed una specie di ombra scura e puzzolente sotto. E la 
cosa per me più incredibile è pensare a come la città, diciamo più organica, 
quella  di  merda,  in  un  qualche  modo  si  perda,  si  dissolva  rientrando  in  un 
circolo e ricircolo della materia mentre il resto, tutto il resto, cioè qualcosa di 
impalpabile  ed  etereo  come  il  pensiero  e  le  emozioni  dell’uomo  invece 
rimanga lì, nei secoli dei secoli, come una enorme impronta che solo piano 
piano, molto più piano, sgretola se stessa. 


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