Luciana Grassi
C'era una volta un tipo prudente


Quando  la  sera  passi  dal  viale,  rallenti  il  passo  o  la  pedalata  proprio 
sotto  quella  finestra  senza  tende  per  vedere  alla  luce  elettrica 
quell'uomo  seduto  sulle  sue  scatole  a  guardare  una  scatola  luminosa, 
agli  occhi  un  paio  di  occhiali,  la  schiena  un  po'  curva,  risalta  sul  blu 
della parete di fronte. 
Chiuso nella sua scatola non lo vedrai mai fuori di là. 
Un tipo prudente. Tiene tutto lì dentro, nelle scatole, non può rischiare 
di perdere qualcosa o che qualcuno le veda e le usi, rovinandole. Così 
negli  anni  ha  raccolto  e  chiuso  nelle  scatole.  E  le  scatole  si  sono 
moltiplicate. Ben chiuse e catalogate occupano ormai tutta la sua grande 
scatola di cemento. 
Prudente,  attento,  le  spolvera  tutti  i  giorni  perché  non  si  rovinino,  le 
tiene  in  ordine,  ha  imparato  negli  anni  a  riconoscere  il  cartone  più 
resistente e le ha ordinate nei quattro grandi scomparti della sua scatola 
di  cemento.  In  uno  degli  scomparti,  tutte  in  fila,  le  scatole  che 
contengono le scatole più importanti della sua vita. Prudente, timoroso, 
non  le  apre  quasi  mai;  con  gli  anni,  la  vista  affievolita  e  il  corpo 
indebolito, ha paura che gli cadano spostandole. Non ricorda più cosa ci 
sia dentro precisamente, ma sa che sono le scatole più preziose di tutte. 
In un altro scomparto, un po' disordinate, le scatole piene di progetti e 
buoni propositi, ne riempie sempre di nuove, ma una volta chiuse non 
le riapre quasi mai. Lo travolgono con colori, suoni voci, voci, voci, volti. 
Euforia che lo lascia esausto, spossato. Ci va sempre meno lì dentro e 
dopo è costretto a rifugiarsi nel terzo scomparto con le scatole che apre 
più spesso. 
Non ce ne sono tante, sono un po' consumate, ma non può sostituirle. 
Ordinate  secondo  una  logica  che  ha  dimenticato,  stanno  una  sull'altra 
su  un  lato.  Nella  pila  alcune  sono  rimaste  aperte  e  lasciano  uscire 
conforto,  calore  e  comodità;  sono  quelle  che  ha  fin  da  bambino,  lo 
hanno  accompagnato  tutta  la  vita,  grazie  a  loro  si  è  chiuso  nella  sua 
grande  scatola  di  cemento.  Prudente,  accorto  fin  da  bambino,  le  ha 
curate e custodite, le ha riconosciute subito come la zavorra che non lo 
avrebbe  fatto  volare  via.  Di  fronte  ce  n'è  un'altra  pila,  scatole  chiuse  e 
polverose, non le guarda mai, neanche le pulisce, quasi non fossero più 
lì, piene di volti conosciuti e persi, di parole e frasi da voci intime, di 
carezze  e  risate.  Proprio  non  si  accorge  più  che  sono  lì.  Può  sbatterci 
contro e non vederle, possono rotolare a terra e non le sente.
Ma quando la luna sale, la luce si spegne. Prudente, lento, va assonnato 
nel  quarto  scomparto,  ci  entra  solo  quando  il  sonno  prende  il 
sopravvento  e  dopo  che  si  è  tolto  gli  occhiali  riponendoli  nella  loro 
custodia.  Quasi  completamente  al  buio,  nello  scomparto  entrano  solo 
strisce di luce dall'esterno. Al centro, disposte in un grande rettangolo, 
21  scatole  e  sopra,  sul  lato  più  corto,  una  piccola  scatola.  Pulite  e 
ordinate, non le apre, ci si stende e le ascolta: i pensieri, gli irrealizzati, 
le paure che bloccano i desideri. Ma più forte di tutto il silenzio, quello 
bianco e lattiginoso che ti fa ronzare le orecchie, che ti pesa sul petto, 
pesa  fino  a  rallentare  il  battito  del  cuore.  Poco  prima  di  cadere  nel 
torpore prende la piccola scatola e ci soffia dentro. Al risveglio la luce ha 
spazzato  via  il  silenzio  e  la  piccola  scatola  è  vuota.  Prudente,  calmo, 
ricomincia a pulire le scatole e gli scomparti. 
Quando una sera passi dal viale, rallenti il passo o la pedalata e la luce è 
spenta,  non  riesci  a  vedere  dalla  finestra,  il  buio  la  trasforma  in  uno 
specchio,  ma  senti  il  vuoto,  il  vento  che  svuota  tutto,  il  silenzio  che  è 
scomparso, il cartone che si sgretola lento e implacabile. Prudente, ma 
non abbastanza, non aveva scatole per conservare il futuro.


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