Luciana Grassi
Bidoni con vista

Stava  seduta  al  tavolo  della  cucina,  il  caffè  ancora  troppo  caldo,  indecisa  se 
mangiare  qualcosa  per  colazione.  Gli  occhi  fissi  come  ogni  mattina 
guardavano  oltre  le  inferriate  del  suo  balcone  al  primo  piano.  L'albero 
prorompente che faceva tanto verde era più vecchio di lei. Lo aveva trovato lì 
quando  si  era  trasferita  20  anni  prima  e  glielo  avevano  presentato  come 
l'inquilino  più  vecchio  del  condominio.  Continuava  a  essere  energico  e 
irruento. Cresceva, cresceva, arrivava a sfiorare i balconi e ombreggiava tutte 
le piantine sul suo balcone. Un autunno piovoso e umido sotto le sue fronde 
in  una  delle  sue  piantine  era  nato  un  fungo,  grande  marrone  gonfio.  C'era 
voluto  un  po'  per  decidersi  a  toglierlo  e  buttarlo  via.  Un'estate  tropicale  e 
piovosa aveva spezzato un suo lungo ramo che aveva bloccato la strada per un 
giorno intero, grosso lungo frondoso. Il giorno dopo lo avevano portato via e 
avevano tagliato qualche altro ramo qua e là. Sembrava più giovane così.
E forse sarebbe stato meglio lasciarlo lì, quel ramo, a bloccare la strada.
Una smorfia di disgusto e rabbia evidenziò le rughe intorno alla bocca e agli 
occhi. Un sorso al caffè finalmente tiepido e la certezza che niente di solido le 
sarebbe  sceso  per  la  gola,  leggero  senso  di  nausea  e  calore.  Si  tolse  il 
maglioncino  che  si  era  infilata  sul  pigiama,  sfilò  i  piedi  dalle  pantofole  e  li 
poggiò sul pavimento fresco. Non era l'inferriata che allontanava l'albero dalla 
sua  casa,  non  era  nemmeno  la  strada  che  li  divideva,  erano  quei  maledetti 
bidoni  che  avevano  piazzato  a  pochi  metri  dal  suo  balcone,  giallo,  verde, 
marrone, grigio. Grossi, pronti a aprire le bocche e mangiare tutto quello che 
la gente ci buttava dentro e a buttare fuori odori schifosi nel caldo dell'estate 
o con la pioggia dell'autunno.
Maledetti! Le uscì dalla bocca.
E buongiorno... sentì alle sue spalle.

Si rimise il maglioncino, infilò i piedi nelle pantofole e gli lasciò la sedia. Lavò 
la macchinetta e si mise a fare un altro caffè ­non capisco perché ce li hanno 
messi proprio sotto al naso. Sono sempre stati sul viale e ora proprio sotto a 
casa nostra devono stare. E hanno detto pure che rispettano tutte le norme 
igieniche...venissero  loro  a  sentire  che  odore  di  pulito  c'è  qua!­  gli  dava  le 
spalle aspettando che il caffè salisse. Riempì due tazzine le portò a tavola e si 
sedette accanto a lui ­che poi succedono cose strane­ lui ascoltava rassegnato 
e  addormentato  ­l'altro  giorno  ho  visto  uno,  nero,  uno  di  questi  poverini 
arrivati ora, che si è messo là dietro e cacciava vestiti da una busta di plastica, 
se li guardava bene e li sceglieva­ Lui aveva già finito il caffè e si era alzato per 
andare in bagno.
Si rimise al suo posto a guardare tra la tenda appena spostata, le inferriate e la 
ringhiera.  Da  quella  posizione  il  bidone  giallo  era  alla  portata  del  suo 
sguardo. Si dimenticò del caffè. Alzò un po' lo sguardo e si perse a pensare tra 
i rami del suo albero.
­Vieni,  vieni,  vieni  a  vedere!­  sentì  lui  dalla  camera  da  letto  dove  si  stava 
vestendo.
Quando arrivò la trovò nascosta dietro la tenda, lo guardava delusa ­è andato 
via...ma non è la prima volta. È arrivato sulla bici dal viale, è venuto dritto al 
bidone, lo ha aperto senza scendere dalla bici e ci ha guardato dentro ... e 
poi ... è ripartito. Ma è venuto apposta­ Ritornarono alle loro cose.
Quando lui scese a buttare l'immondizia e a fare un po' di spesa, lei si mise a 
cucinare.  Appena  poteva,  buttava  un'occhiata  ai  bidoni.  Non  pulivano  bene 
quelli  dell'Hera,  c'era  da  mandare  una  lamentela.  Intanto  cucinava  e 
differenziava con cura gli scarti, lavava la plastica e il vetro prima di buttarli, 
schiacciava la carta e il cartone e separava organico e indifferenziato. Prima di 
andare a dormire gli doveva dire di andare a buttare la plastica, è piena. Certo 
questo era comodo, anche la sera tardi non dovevano camminare nel buio per 
andare a buttare qualcosa, se solo avessero pulito meglio!
Passò il pranzo. Mentre lui dormiva lei si preparò un tè e si sedette al tavolo 
nella cucina pulita con due biscotti al cioccolato, non di più. Se li gustava e 

pensava di organizzare un tè con le ex colleghe, era un po' che non le vedeva. 
Certo per entrare a casa sua avrebbero dovuto sfilare davanti a quei maledetti 
bidoni, lo sguardo si abbassò dalle fronde e ritornò al bidone giallo.
Si alzò di scatto e si mise dietro la tenda. Bloccò la voce che le stava uscendo 
dalla  gola  per  svegliarlo  e  farlo  correre  lì  a  vedere,  ma  tanto  se  ne  sarebbe 
andato via prima che lui potesse vederlo, come al solito.
Era  arrivato  sicuramente  dal  viale,  su  una  bella  bici  di  quelle  con  le  ruote 
grosse.  Era  vestito  come  in  un  film  di  Spike  Lee,  con  grandi  cuffie  colorate 
sulle orecchie e una borsa grande di quelle che portano i ragazzi per andare a 
scuola  e  si  era  fermato  davanti  al  bidone  giallo.  Ci  guardava  dentro  quasi 
infilandoci la testa, senza scendere dalla bici. Quando tirò fuori la testa prese 
dalla borsa una penna argentata, no cos'era? un'asticella. La allungò piano, era 
come un bastone per ciechi ma argentato e più piccolo. Lo infilò nel bidone e 
con grande facilità pescò una scarpa da ginnastica rossa, di quelle moderne, 
grosse, poi di nuovo un'altra, uguale.
Osservava  il  mistero  da  dietro  la  tenda,  lui  non  poteva  vederla  e  comunque 
non  si  guardava  intorno  intento  com'era  nella  sua  operazione.  Prendeva  le 
scarpe e le metteva nella borsa senza neanche controllarle, veloce e sicuro.
Eppure quelle scarpe rosse le aveva già viste.
Il  ragazzo  guardò  di  nuovo  dentro  al  bidone,  poi  infilò  di  nuovo  l'antenna 
magica e pescò un paio di scarpe da corsa, grigie e verdi, uguali a quelle di 
suo marito, prima una e poi l'altra. Le avevano comprate insieme neanche 10 
giorni prima all'Ipercoop ­mi devo rimettere un po' in forma­ le aveva detto, 
ma poi non era mai andato a correre e non ne aveva mai più parlato.
Il ragazzo se le infilò nella borsa e senza guardarsi intorno andò via.
Rimase dietro la tenda con la mano davanti alla bocca, dopo un po' ritornò a 
sedersi  al  tavolo.  Finì  il  suo  tè  e  si  spostò  alla  sedia  accanto.  Quando  lui  si 
svegliò gli preparò il caffè e glielo portò al tavolo ­Tu? Non lo prendi?­ ­ Ho 
appena preso un tè­.


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