Lucrezia Mola
Un’arma inoffensiva

Quella sì che era una buona idea! Seduti su un pezzo di tronco davanti 
al  torrente  che  scorreva  allegramente  Marco,  Mattia  e  Gabriele 
convennero sul fatto che una pistola finta faceva al caso loro, bisognava 
trovarla  molto  somigliante  a  una  vera,  ma  risolto  quel  problema  una 
rapina sarebbe stata un gioco da ragazzi (quali infatti erano) e nessuno 
si  sarebbe  fatto  male.  L’importante  era  spaventare  davvero  qualche 
vecchietto o vecchietta per ottenere il malloppo.
Nei giorni seguenti si diedero da fare a cercare l’oggetto necessario. La 
ricerca  non  fu  facile.  Mattia  fu  il  più  fortunato:  al  mercatino 
dell’antiquariato, o forse sarebbe più opportuno chiamarlo delle pulci, 
trovò quello che cercavano: una copia quasi perfetta della Beretta 92 S 
in dotazione alla polizia negli anni ‘70. Lui se la ricordava bene, nonno 
Mario,  ex­poliziotto,  gliela  aveva  fatta  vedere  in  molte  foto  che 
conservava  per  ricordo  dopo  la  pensione.  Rigirandola  tra  le  mani 
pensò:  “Nessuno,  preso  dalla  paura,  può  notare  che  è  soltanto  un 
giocattolo raffinato. Certo che è cara!” Costava infatti 40 euro. Tirò un 
po’ sul prezzo e riuscì ad averla per 30. Un investimento sicuro!
Messaggiò immediatamente Marco e Gabriele: “Ce l’ho” scrisse.
Si  ritrovarono  al  loro  solito  posto  sulle  rive  del  torrente.  Marco  e 
Gabriele  approvarono  l’acquisto,  era  perfetta  per  il  loro  scopo,  si 
divertirono  a  fare  un  po’  di  prove,  facce  truci  e  pistola  in  pugno,  e 
misero  a  punto  il  piano.  Dopo  aver  preso  in  considerazione  diverse 
possibilità,  decisero  che  avrebbero  seguito  qualcuno  all’uscita  dalle 
Poste, il giorno di pagamento delle pensioni.
E  così  il  primo  del  mese  seguente,  mercoledì  1  marzo,  si  avviarono 
all’Ufficio Postale; Mattia, che si considerava il capo della banda perché 
aveva trovato la pistola, se l’era infilata in cintura, il giubbotto imbottito 
la  mascherava  benissimo.  Di  pensionati  che  entravano  e  uscivano  ce 
n’erano  parecchi,  si  capiva  che  avevano  timore  soprattutto  all’uscita, 
con uno sguardo d’intesa ne scelsero una che sembrava più guardinga 
degli altri, sicuramente si sarebbe spaventata moltissimo. La seguirono 
a distanza, camminava a passo spedito per la sua età, ma loro certo non 
faticarono  a  non  perderla  di  vista.  Svoltò  a  sinistra,  attraversò  sulle 
strisce pedonali con molta attenzione, proseguì per circa due isolati e si 
fermò  davanti  al  numero  civico  37.  Mentre  prendeva  le  chiavi  del 
portone dalla borsa i tre ragazzi furono svelti a raggiungerla alle spalle, 
e la signora, che si era girata per chiudere, si trovò di fronte i tre: con 
estrema gentilezza Marco le chiese: “Ci può far entrare? Siamo amici di 
quelli  del  2°  piano  e  dobbiamo  lasciare  un  busta  nella  buca  delle 
lettere”.  Sospettosa  l’anziana  pensionata  lasciò  aperto  il  portone  per 
farli  passare  e  si  avviò  su  per  le  scale.  C’era  qualcosa  che  non  le 
quadrava ma non ebbe il tempo di riflettere, si sentì un oggetto duro 
puntato  dietro  la  schiena  e  una  voce,  non  più  gentile,  le  intimò: 
“Sbrigati  ed  entra  in  casa  tua.”  Così  fece,  stava  al  1°  piano,  appena 
entrata si girò, Mattia le stava puntando una pistola a pochi centimetri 
dal volto, indietreggiò terrorizzata. “Dacci i soldi, presto” urlò il ragazzo 
armato  strappandole  la  borsa,  Gabriele  aggiunse:  “E  anche  i  gioielli”, 
come se lei potesse avere chissà che cosa; continuò a indietreggiare e 
inciampò nel vecchio logoro tappeto andando a sbattere la testa sullo 
spigolo  del  cassettone.  Si  accasciò,  un  rivolo  di  sangue  iniziò  a 
scendere dal mobile sul tappeto formando una macchia che lentamente 
si spandeva. Mattia, che aveva in mano un mazzo di banconote preso 
dalla borsa, le stava contando: “600, 650, 700, 740 euro!  Ragazzi 740 
euro!”  urlò  ma  la  voce  gli  si  strozzò  alla  vista  del  sangue,  Gabriele  e 
Marco erano impietriti, la vecchia aveva gli occhi sbarrati e giaceva con 
le  gambe  piegate  sul  tappeto  e  il  busto  poggiato  al  mobile.  Si 
guardarono spaventati, non avevano certo in mente un finale così per 
la  loro  prima  rapina  “a  mano  armata”.  Un  guaio  del  genere  con  una 
pistola da mercatino! Dopo un tempo che parve loro lunghissimo, ma 
in  realtà  non  fu  più  di  un  minuto,  i  tre  ragazzi  uscirono  di  corsa 
precipitandosi  giù  per  le  scale,  continuarono  a  correre,  correre, 
correre.  Si  fermarono  solo  quando  giunsero  al  loro  torrente,  appena 
fuori  la  cittadina.  Senza  dire  una  parola  Mattia  scagliò  la  pistola  in 
acqua, Marco taceva con la testa bassa e Gabriele aveva le guance rigate 
di lacrime.


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