Raffaele Pulejo
Ho scagliato le mie ossa oltre la siepe
Ho scagliato le mie ossa
oltre la siepe
incongruenti ossa sulla città, sulla città stanotte
Lacrimevoli ovunque, i tetti intrisi di veleni
con falangi alle grondaie, scavate d’ocra e lurido ferro
Ritorte carcasse di grandi rettili
casse toraciche
fragili vertebre
deformate tra il cemento, sotto bianchi
marmi nerovenati
E’ tutto così vicino, così chiaro ora
Tonnellate di cielo
e lunghi inverni che tu disegni sull’addome delle onde
levando il passo in inferni di lattice
che gonfi
stabiliscono e delimitano verità
Rattrappite messi dei mesi a venire
sigillano mostri luminosi di mezzogiorno
Appassionato abbraccio d’ossa
i nostri nomi incisi sulle schiene
nessuno ormai, nessuno ormai più muore
Il cielo si allarga
e l’aria rotola,
morbidamente
nella gola spalancata
Le palpebre stridono all’ondeggiare dell’asfalto livido
mentre gemme si accendono
luce nella luce, spaventose
L’immane imene notturno carbonizza
il giorno breve degli amanti,
amanti del sole sanguigno e cenere di loro stessi
Orge di stelle collassate
Siedo sulla sciagura
della grande estinzione
Siedo sulla sciagura
di questa barra di sale
tra le labbra
La notte arancione fumigante
elabora traiettorie di morte
in un liquamoso delirio
Muori città
muori crollando
sulle tue tibie di gesso stanotte
città buio
perché nei sogni del mattino
con la luce che s’insinua tra le imposte semiaperte
si deciderà
quello che i grandi rettili
rettili
grandi rettili hanno deciso per noi