Daniela Betta
Armi improprie

Dedicato ad un’anima bella
La  ragazza  del  tavolo  5  mi  ha  detto  che  sarebbe  meglio  per  tutti  se 
morisse.  Stecchita.  Così,  all’istante.  Me  l’ha  detto  con  gli  occhioni 
sgranati  più  grandi  del  suo  stesso  viso  e  il  sorriso  sulle  labbra.  Mi  ha 
lasciata senza parole e lì per lì ho pensato che per fortuna non sarebbe 
successo  nulla  in  quei  pochi  minuti  che  dedicava  al  suo  pranzo.  Poi 
all’improvviso  sento  un  rantolo,  un  respiro  sempre  più  soffocato,  ma 
non riesco a capire da dove arrivi. Mi guardo attorno spaesata e la noto 
ormai  blu  che  si  porta  le  mani  alla  gola,  poi  il  suono  acuto  del 
singhiozzo e in un nanosecondo vedo uscirle dalla bocca un nocciolo 
di oliva che si proietta nell’atmosfera, attraversa la sala, sfugge al mio 
placcaggio come una scheggia impazzita e si schianta sulla nuca pelata 
del ragazzo del tavolo 3. Che si gira emettendo un gridolino, cercando 
di capire da dove sia venuto quel proiettile vagante mentre intercetta e 
fulmina  all’istante  lo  sguardo  divertito  del  bambino  del  tavolo  7  che 
riceve  un  sonoro  scappellotto  dalla  zia  che  si  scusa  del  nipote 
arrossendo. Il pelato del tavolo 3 la squadra per bene per poi sorridere 
e  invitarla  a  cena  con  la  scusa  che  si  deve  fare  perdonare.  La  zia  del 
tavolo  7  accetta  di  buon  grado  e  compra  un  dolcetto  al  nipotino  che 
ancora non capisce cosa sia successo. La ragazza del tavolo 5 osserva la 
scena  esterrefatta  mentre  io  penso  alle  probabilità  statistiche  di 
ingoiare  un  nocciolo  di  oliva  subito  dopo  essersi  augurati  di  morire, 
ripasso  mentalmente  le  mosse  da  primo  soccorso  e  mi  appunto  di 
chiamare  l’assicuratore  per  aumentare  il  valore  della  responsabilità 
civile.
Il  martedì  successivo  è  di  nuovo  lì  al  tavolo  5  che  mi  sorride  e  mi 
riprometto di dirle qualcosa, poi nel caos della pausa pranzo la perdo 
di vista. Passato il momento di confusione, mi accorgo che c’è la fila per 
andare in bagno. Istintivamente rivolgo lo sguardo verso il tavolo 5 e lei 
non  c’è.  E  non  è  nemmeno  in  fila,  quindi  è  per  forza  lei  ad  aver 
occupato il bagno. Aspetto due minuti poi decido di intervenire: busso 
alla porta, la chiamo, ma sento solo un respiro affannoso. Allontano gli 
altri  clienti  che  intanto  stanno  socializzando  tra  di  loro  ed  entro.  La 
trovo  lì,  nell’antibagno  con  un  sacchetto  in  testa,  ma  è  inutile,  quelli 
biodegradabili  si  rompono  troppo  facilmente  e  non  le  riesce  di 
soffocarsi.  Si  scusa  per  aver  occupato  il  bagno  a  lungo  e  ci  tiene  a 
precisare che il tutto si stava consumando nell’antibagno così non avrei 
dovuto sfondare la porta se fosse riuscita nell’impresa. Devo ammettere 
che  è  sempre  gentile  e  rispettosa  come  pochi!  Ho  poi  chiamato 
l’assicuratore per aumentare il massimale, si sa mai.
Infine  oggi,  mi  fermo  a  fare  due  chiacchiere  con  lei  che  mi  ascolta 
attenta  appoggiando  il  mento  sulla  mano  serrata  che  impugna  la 
forchetta  di  plastica  biodegradabile  che  infilza  una  polpetta  di 
lenticchie.  E  –  CRACK!  –  un  rebbio  della  forchetta  si  spezza  e 
misteriosamente scompare, presumibilmente fagocitato dalla polpetta. 
La ragazza del tavolo 5 ingoia la polpetta senza che io faccia in tempo a 
fermarla  e  mi  dice:  “Ops!  Era  lì!  Era  nella  polpetta!”  e  a  seguire  “Oh 
beh, poco male, tanto è biodegradabile, si scioglierà bene con gli acidi 
che abbiamo, vero?!”
Mi spetta l’arduo compito di tranquillizzarla, ma ancora una volta è lei 
a  consolare  me.  Per  sicurezza  però,  contattiamo  subito  il  suo  medico 
curante.
Non so se la ragazza del tavolo 5 riuscirà nel suo intento di procurarsi 
la  morte  in  maniera  semi­accidentale,  ma  so  che  mi  mancherebbe 
molto perché porta magia e mistero con sé. Ed è la prima cliente che 
mangia anche le forchette!
E comunque ho aumentato il massimale dell’assicurazione.


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