Daniela Betta
AAA case vendesi


Piergiorgio vende case. E lo fa con tutta l’autorevolezza che il suo nome 
e  la  camicia  perfettamente  stirata  e  inamidata  da  sua  madre  gli 
conferiscono.  Vende  case  usate,  vissute  come  le  chiama  lui.  Quelle 
nuove sono roba da principianti, si vendono da sole: troppo illibate e 
personalizzabili, pulitissime e senza segni del tempo. No no, a lui non 
piace vincere facile. Preferisce le sfide, o almeno è ciò che gli piace far 
credere.  In  agenzia,  alla  Superpippo  Immobiliare,  viene  chiamato  The 
King,  non  tanto  in  riferimento  a  Elvis,  ma  semplicemente  perché  ogni 
volta  che  conclude  una  vendita  ­  e  ciò  accade  effettivamente  molto 
spesso ­ offre un pranzo ai colleghi al Burger King. Beh sì, la generosità 
non è mai stata il suo forte... Quello che Piergiorgio ama del suo lavoro 
è dirigere le vite altrui. Sì, perché da piccolo voleva fare il regista. Era il 
suo  sogno  e  si  esercitava  sistematicamente  in  casa  comandando  a 
bacchetta  i  genitori.  Figlio  unico,  viziato  q.b.,  non  poteva  che  essere 
diversamente. E se da adulto la sua intenzione era quella di dirigere film 
hollywoodiani  di  successo,  con  grandi  star  e  uno  stuolo  di  attrici 
graziose ai suoi piedi, la realtà andò un po’ diversamente. A scuola non 
brillava,  ma  di  certo  non  gli  mancava  la  fantasia  e  così,  inserito  nel 
business immobiliare grazie al padre, decise di continuare a dirigere le 
persone  creando  siparietti  che  gli  facilitassero  il  lavoro.  Ad  esempio 
come la vendita della casa dei (quasi ex) coniugi Marini.
“L’appuntamento è per domani alle 15: badate bene che ci siano tutte le 
luci  accese!  Mi  raccomando,  TUTTE!  Anche  le  abat­jour,  la  luce  dello 
specchio in bagno, la lucina della cappa... TUTTE! E accendete anche 
qualche candela qua e là, voglio ceri profumati e colorati, in questa casa 
si deve respirare amore!”
“Ma, scusi... anche le abat­jour e le candele? In pieno giorno?!?”
“Oh insomma! La volete vendere questa casa o no?”
“Ma certo, ma...”
“E allora fate come vi dico io! Per prima cosa, illuminare l’ambiente! Qui 
e  qui  posizionate  candele,  ma  quelle  belle  però,  mica  quelle  tossiche 
cinesi!  Ah,  e  poi  qua  potreste  appendere  anche  qualche  lucina  di 
Natale...”
“Le luminarie di Natale? Ma siamo ad agosto!”
“Ma siete sempre così polemici voi due?! No dico, la vogliamo vendere la 
bettola  o  no?  Poi  serve  un  profumo  d’ambiente:  rosa,  vaniglia,  iris... 
quella  roba  lì  insomma,  qualcosa  di  rilassante!  Niente  incensi  da 
fricchettoni o patchouli o sandalo che poi mi agitano i clienti. Insomma, 
un po’ di aromaterapia la vorrete pur fare?! E poi frutta, frutta fresca al 
centro del tavolo in cucina. Lucidatela se necessario! Non queste mele 
appassite,  ah  no!  Via,  gettatele  e  compratene  di  fresche!  Signora,  al 
massimo le può ravvivare con un po’ di rossetto rosso... ce l’avrà bene 
un rossetto rosso, no? Ma mi sembra che manchi ancora qualcosa... ah, 
sì,  ecco:  foto!  All’ingresso  e  su  quel  pensile,  foto  di  voi  insieme, 
possibilmente sorridenti eh! Su, su, cosa sono questi musi lunghi? E per 
finire  concluderei  con  delle  tende  nuove  perché  la  sala  senza  tende 
proprio non si può vedere!”
I  (quasi  ex)  coniugi  Marini  si  guardano  perplessi  e  abbozzano  un 
tentativo di replica:
“Veramente  abbiamo  già  quasi  traslocato,  le  tende  non  sappiamo 
esattamente dove siano e le ricordiamo che stiamo divorziando, per cui 
anche le foto...”
“Oh  ma  basta  con  questa  storia  che  state  divorziando!  Ricordatevi  che 
per i clienti di domani vi state solo trasferendo in campagna in una casa 
più  grande!  E  poi  cosa  ci  vuole  a  mettere  due  cuoricini  qua  e  là  e  le 
tende alla finestra, su! Che i cuoricini si trovan dappertutto adesso, sono 
fin inflazionati! Preparate tutto che manca poco! A domani!”
E in un battibaleno la casa dei (quasi ex) coniugi Marini fu venduta, che 
quasi poi a loro dispiaceva dopo averla vista così agghindata e piena di 
seppur  finto  amore,  e  ci  mancò  poco  che  rimandassero  pure 
l’appuntamento dall’avvocato per la separazione.
Nei giorni di calma Piergiorgio amava ricamare storie da pubblicare sui 
social circa gli immobili in vendita: glielo avevano insegnato all’ultimo 
corso di marketing e si era subito distinto tra i migliori ad applicare la 
tecnica dello storytelling. Certo, non tutte le informazioni erano esatte, 
ma  si  sa,  la  licenza  poetica  è  necessaria  in  ogni  forma  d’arte.  Quando 
scriveva  era  talmente  assorto  che  non  si  accorgeva  nemmeno  dei 
tentativi  di  avances  della  panterona  dell’ufficio,  all’anagrafe  Marta  ma 
conosciuta ai più come Vanna, perché faceva più venditrice, diceva lei. 
Con  i  suoi  rotolini  strizzati  in  un  tubino  rosso  e  la  chioma  bionda  e 
platinata, Marta­Vanna tentava approcci di qualsiasi tipo con Piergiorgio 
che però continuava ad ignorarla, preso dai suoi scritti.
“Enea  è  diventato  grande  e  presto  si  trasferirà  all’estero  per  la 
multinazionale  per  cui  lavora,  inseguendo  il  sogno  di  una  carriera 
manageriale.  Il  suo  nido  resterà  vuoto  e  aspetta  che  tu  e  la  tua 
ambizione  veniate  ad  abitarlo”.  In  realtà  Enea  aveva  mollato  tutto  per 
fare  l’agricoltore,  ma  anche  in  questo  caso  la  messa  in  scena  di 
Piergiorgio aveva funzionato e l’appartamento era stato venduto in men 
che non si dica.
“Lucia  e  Armando  stanno  per  allargare  la  famiglia  e  si  trasferiscono  in 
una  grande  villa.  Il  loro  cane  Poldo  non  vede  l’ora  e  la  loro  villetta  a 
schiera è pronta ad accogliere chi sogna una vita in un luogo tranquillo 
ma  non  lontano  dalla  città”.  Anche  in  questo  caso  Piergiorgio  aveva 
omesso qualche dettaglio a suo dire “trascurabile”, per cui il fatto che 
Lucia e Armando avessero ricevuto ripetute minacce di morte dal vicino 
schizofrenico  era  cosa  di  poco  conto,  da  non  riportare  ai  potenziali 
acquirenti.
Quando  Piergiorgio  visitò  l’appartamento  di  Amelia,  rimase  così 
perplesso che non esitò a farle una sfuriata.
“Mi faccia capire, signorina: lei vorrebbe vendere questo LOCULO? Ma 
come crede di poterci riuscire se lo presenta in questo stato? E si guardi, 
sembra che le sia appena morto il gatto: occhiaie, capelli in disordine, 
maglione  grigio,  sguardo  grigio...  ma  cosa  pensa,  che  io  possa  fare  i 
miracoli?!?” 
In  effetti  l’abitazione  di  Amelia  era  completamente  spoglia:  il  suo 
fidanzato  con  cui  conviveva  da  un  anno  era  improvvisamente  sparito, 
lasciandole un messaggio in cui intimava di non cercarlo perché voleva 
cambiare  vita.  Fatalità  volle  che  lo  stesso  giorno  l’appartamento  fosse 
stato  svuotato  completamente  da  una  banda  di  criminali  che  aveva 
rubato  pure  i  burger  di  soia  in  frigo,  anche  se  i  carabinieri  non 
trovarono  alcun  segno  di  effrazione.  Sempre  nel  fatidico  giorno  il  suo 
gatto  Strudel  scomparve  misteriosamente,  probabilmente  rapito  per 
farne  salsicce  o  pellicce  dalla  stessa  banda  di  criminali,  e  anche  la  sua 
migliore amica da quel dì non rispose più ai messaggi e alle telefonate, 
sicuramente per un problema alla linea telefonica. Tutti e tutto spariti 
nel nulla. Praticamente una diaspora. E lei sola a piangere e capire come 
fare per pagare il mutuo, con il presentimento che i vicini nel palazzo 
sapessero  qualcosa  che  non  volevano  dire  e  che  lei  non  riusciva  a 
capire.  Piergiorgio  si  lasciò  intenerire  dall’ingenuità  della  ragazza  e 
accettò  l’incarico,  non  senza  però  ricontrattare  la  sua  percentuale  al 
rialzo per la sezione “casi disperati”. 
Ordinò  ad  Amelia  di  andare  dal  parrucchiere  e  vestirsi  con  colori 
sgargianti, all’appartamento avrebbe pensato lui. Rubò un paio di pallet 
dal magazzino dietro l’agenzia e li dipinse alla buona, inchiodò un paio 
d’assi e ne ricavò un tavolo e un divano. Certo tutto questo bel da farsi 
se lo sarebbe fatto pagare a caro prezzo, eh sì! Ma in realtà un po’ gli 
piaceva:  così  poteva  contemplare  anche  la  voce  “sceneggiatore”  sul 
curriculum  oltre  a  quella  di  “regista”.  In  men  che  non  si  dica, 
l’appartamento  di  Amelia  fu  venduto,  spacciato  come  alcova  di  artisti 
bohémien e vissero tutti felici e contenti, più o meno.
Nei  ritagli  di  tempo  Piergiorgio  lavorava  alla  sceneggiatura  del  suo 
primo film di cui aveva ben chiaro il titolo: CASE. Tutto il resto era un 
po’nebuloso, erano anni che ci pensava ma non riusciva a sbloccarsi e 
andare  oltre  il  titolo.  Colpa  del  troppo  lavoro  creativo  che  faceva  in 
agenzia e che gli succhiava tutto l’estro artistico, diceva lui. 
E  così,  nel  camper  dove  viveva,  parcheggiato  nel  cortile  dei  genitori 
perché  si  sa,  l’indipendenza  è  la  prima  cosa  che  serve  ad  un  artista, 
Piergiorgio fantasticava di Hollywood senza riuscire a scrivere una riga.


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