Silvia Sitton
Armi e bagagli
Quando ero piccola mi ricordo che almeno cinque o sei volte all’anno
succedeva che mio padre entrava in casa con una strana luce negli
occhi e senza neanche salutare diceva con voce tonante Ciurma,
prendete armi e bagagli che si parte!. E mia mamma, che all’inizio
scattava sull’attenti e rispondeva pronta Signorsì signore e poi si
chiudeva in camera a preparare le armi e i bagagli, lasciando il
rubinetto aperto se stava lavando i piatti o il ragù sul fuoco senza
preoccuparsi se poi si bruciava, e quella luce negli occhi che veniva a
mio padre veniva anche a lei, negli anni ha cominciato a rispondere
sempre un po’ meno pronta e alla fine una volta che io e i miei fratelli
eravamo già grandi e forse io ero anche già al liceo, è successo che
quando mio padre è entrato in casa con quella luce negli occhi e senza
salutare ha detto la frase della ciurma e delle armi e dei bagagli, lei non
si è mossa dalla poltrona e ha continuato a leggere Guerra e pace come
se niente fosse.
Da quella volta mio padre non l’ho più sentito dire Ciurma, prendete
armi e bagagli che si parte e a me che avesse deciso che l’epoca delle
armi e dei bagagli era finita mi è sembrata una cosa così triste, che per
provare a scrollarmela di dosso ho dato tutta la colpa a Tolstoj che ha
scritto tutte quelle pagine di guerra che alla fine mia mamma l’hanno di
sicuro condizionata e se leggeva un Harmony o qualcosa del genere
probabilmente adesso mio padre la direbbe ancora la cosa delle armi e
dei bagagli e io sarei meno triste.
Comunque quando ero ancora piccola e la tristezza non sapevo bene
cosa fosse, quando mio padre entrava in casa con quella strana luce
negli occhi e senza neanche salutare diceva con voce tonante Ciurma,
prendete armi e bagagli che si parte! e io vedevo mia mamma lasciare a
metà quello che stava facendo e chiudersi in camera, allora mi
prendeva un senso di terrore che mi faceva tremare le gambe e
annebbiare la vista e vedevo tutto a puntini, come quando stai per
svenire, però non svenivo. È che per una qualche connessione strana
appena mio padre pronunciava le parole armi e bagagli a me
compariva davanti agli occhi l’immagine nitida di mia mamma di spalle
che apriva sul letto la valigia gigante di tela marrone che aveva ereditato
da mia nonna e che i miei usavano sempre quando d’estate ci
trasferivamo a Cà del Costa perché era così grande che ci stavano i
vestiti di tutta la famiglia e però invece dei vestiti tirava fuori
dall’armadio pistole semiautomatiche, un fucile da cacciatore, baionette
di varie lunghezze, qualche bomba a mano, stelline ninja, mazze
chiodate, fumogeni, passamontagna, pugnali, un manganello, carabine
e moschetti di quelli che usavano i soldati nella prima guerra mondiale,
fiaschette per la polvere da sparo, proiettili a manciate e poi andava in
cucina, apriva il cassetto delle posate e prendeva il coltello che usava
mio nonno per tagliare le ossa del pollo e metteva nella valigia anche
quello, poi la chiudeva e appariva di nuovo in salotto con un bel
sorriso stampato in faccia e un filo di trucco sugli occhi e diceva Eccomi
caro, io sono pronta.
Ecco, io lo sapevo che era tutta una cosa della mia fantasia e che mia
mamma, che in camera ci andava davvero quando mio padre diceva
Ciurma, prendete armi e bagagli che si parte!, ci andava per fare le
valigie normali con dentro le cose normali che ci sono nelle valigie di
tutte le famiglie normali che stanno partendo per andare da qualche
parte. Però, anche se lo sapevo, non sono mai riuscita a bloccare la
sinapsi che immancabilmente alle parole di mio padre scatenava nel
mio cervello il corto circuito che animava l’immagine di mia madre
intenta a riempire di armi la nostra valigia. Così fino a quella volta che
mia madre leggeva Guerra e pace a me il dittico armi e bagagli mi ha
sempre riempito di terrore, perché alla paura non interessa se una cosa
è vera o finta, ma ti fa paura uguale. Poi dopo quella volta mio padre
armi e bagagli non l’ha detto più e tutta quella montagna di armi che
mi arrugginiva i pensieri si è un po’ alla volta offuscata e adesso in testa
non mi è rimasto che qualche contorno sbiadito di lame spuntate e
inoffensive canne di fucile.