Violeta Fantoni Nolff
Il teschio

Il teschietto era grande quanto il suo palmo e da come era bianco e
pulito doveva essere stato lì molto tempo.
“Secondo voi che cos’era?” Aveva subito chiesto Biagino dopo averlo
visto nelle mani di Giulietta.
“E’ di sicuro un cucciolo di tigre dai denti a sciabola, non vedi i denti
davanti?” Emilio aveva risposto con la sua solita aria da saccente.
“Ma sei scemo? Una tigre nel nostro schifo di boschetto?”
“E tu che ne sai! Magari tanto tanto tempo fa qui ce ne erano mille e
duecento di tigri, con i denti a sciabola o no. E poi non dovresti dare
dello scemo alle persone, non è carino.” Aveva ribattuto Emilio con la
faccia tutta rossa e Giulietta aveva pensato che Marcello aveva tutto il
diritto di dar dello scemo alle persone perché era figlio di operai e ai
figli di operai è permesso dire brutte parole.
“Per me era un tricheco.” Tutti si voltarono verso Biagino, senza però
dire nulla perché era il più piccolo e quindi poteva benissimo dire delle
cavolate madornali. Giulietta sospettava che lui questa cosa la sapesse e
che se ne approfittasse per prenderli in giro.
Nel frattempo grazie a quell’attimo di distrazione, Emilio aveva deciso
di saltare addosso a Marcello facendogli perdere l’equilibrio e
mandando tutti e due a terra. Avevano quindi cominciato a ruzzolarsi
nel fango cercando di colpirsi sempre più forte.

Marcello ed Emilio non si sopportavano più dalla scorsa estate, quando
entrambi avevano chiesto la mano di Giulietta, ma lei aveva rifiutato
tutti e due dicendo che appena fosse stata abbastanza grande avrebbe
finto la sua morte in un terribile incendio, si sarebbe tagliata i capelli, li
avrebbe attaccati con la colla alla faccia per fare una barba e si sarebbe
finta un uomo di nome Orfeo per il resto della sua vita, il tutto in
questo preciso ordine. Naturalmente, questo comportava il fatto che se
mai si fosse sposata dopo questo processo, lo sposo avrebbe dovuto
fingersi una donna, e lei era della ferma opinione che né Marcello né
Emilio sarebbero stati bene in un vestito bianco.
“Beh, se vogliamo scoprire che animale è, perché non lo portiamo dal
Professore?” propose Giulietta, soprattutto perché era stanca di sentire
i due ragazzi strepitare come due galli in un pollaio.
“Buona idea.” “Sai sempre cosa fare Giuli.” Ruffiani come pochi, pensò
Giulietta e si incamminò verso la casa del Professore.
“Vedrete che sarà un tricheco.”
Il vero nome del Professore era Nazzareno Corti, ed era un docente
dell'università che a un certo punto era apparso nel loro paese senza
preavviso e senza spiegazione. Viveva nella piccola taverna e pagava
l’alloggio in natura andando a cacciare qualche volta nel bosco. Al
consiglio delle vecchie vedove del paese il Professore non piaceva per
niente perché, secondo quello che aveva capito Giulietta, era apparso
in compagnia della mamma di Biagino, che aveva poco più di
diciannove anni, e Biagino che all’epoca era ancora in fasce. Il
Professore aiutava anche a pagare l’affitto della casa dove Biagino e sua
mamma vivevano. Anche lei non piaceva al consiglio delle vedove,
perché non si era mai sposata pur avendo un figlio.
Comunque tutto questo a Giulietta e agli altri non importava niente
perché per prima cosa non erano vecchie vedove e per seconda cosa il
Professore e la mamma di Biagino erano veramente molto gentili. La
mamma di Biagino faceva sempre dei dolcetti e li consegnava al figlio
per darli ai suoi amichetti e il Professore li aiutava sempre con i compiti
e rispondeva a tutte le loro domande, anche quelle che gli altri grandi
cercavano di evitare. Insomma se c’era qualcuno che poteva sapere di
che animale era il teschietto, era il Professore.

Trovarono il Professore seduto su una sedia vicino alla porta della
taverna che guardava il tramonto. Stava fumando e il suo sigaro
riempiva tutta la strada di un odore acre e pesante. Giulietta si avvicinò
a lui con le mani dietro alla schiena, il teschio ben stretto nel pugno
della mano destra.
Un perfetto coro di “Buonasera Professore.” si levò dal gruppo di
bambini che si erano appena sistemati a semicerchio di fronte a lui.
“Buonasera ragazzi, buonasera signorina. Non è un po’ tardi per
venirmi a trovare? Le vostre mamme che ne diranno?”
“Professore, guardi che abbiamo trovato nel bosco.” Giulietta tirò fuori
il teschio e lo mostrò, il petto gonfio di orgoglio.
“Ci stavamo chiedendo se lei sapeva di che animale fosse.” Emilio
aggiunse timidamente. Emilio aveva sempre avuto una grande
soggezione del Professore, lo chiamava l‘unico uomo di scienza in
questa terra di incolti. C’aveva un po’ la puzza sotto il naso Emilio.
Il Professore prese delicatamente il teschio dalle mani di Giulietta, lo
analizzò per un po’ e finalmente giunse a una conclusione.
“E’ un teschio di riccio.”
“Visto? Tu e le tue stupidissime tigri con i denti a sciabola.” Marcello
esclamò con aria vittoriosa. Emilio, tutto rosso in viso, saltò di nuovo
sopra a Marcello mentre Giulietta consolava Biagino che a quanto pare
era estremamente deluso di non aver trovato un teschio di tricheco.
Il Professore aspettò pazientemente che tutti si fossero calmati e poi
aggiunse:
“Sapete ragazzi, questo teschio e molto interessante, vedete questa
parte qua dietro la testa? Lì la mandibola si è fusa con la mascella, è un
miracolo se questo riccio poteva mangiare”.
“Com’è successo Professore?” Marcello era diventato tutto d’un colpo
molto più interessato.
“Potrebbe essere un difetto congenito, significa che è nato così, oppure
potrebbe aver ricevuto un colpo. Da quello che vedo tutta la forma del
cranio è molto strana.” Il Professore contemplò un attimo il piccolo
gruppo davanti a lui.
“Chi l’ha trovato?”
Giulietta alzò la mano agitandola come faceva a scuola per chiedere il
permesso di parlare.
“Sono stata io.”
“Ecco cosa ti propongo signorina: lasciami tenere questo teschietto per
stanotte e domani mattina, mentre vai a scuola, te lo ridarò con una
sorpresa.”
“Bene Professore, mi fido di lei.”
E con questo tutti si congedarono per andare a dormire.
Il giorno dopo i ragazzi aspettarono come sempre che Giulietta li
raggiungesse all’entrata del paese.
“E’ in ritardo. Di solito corre subito qui dopo scuola.” Emilio aveva
un’aria molto preoccupata.
“Magari si è stancata di vedere ogni giorno il tuo grugno.”
“Eccola lì!” Esclamò Biagino.
Giulietta si stava avvicinando lentamente, con le mani dietro la schiena
e il naso verso l’alto come a guardare il cielo. Al collo portava un
ciondolo con un teschio di riccio.


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